Criteri di gestione del cane neonato

a cura della Prof. Luisa Valentini

 

Il successo di una cucciolata è la risultante di diversi fattori che includono l’adeguata scelta e il controllo sanitario dei riproduttori, la corretta gestione della cagna in gravidanza e al parto, la cura dell’ambiente in cui viene tenuta la cucciolata. Eccessivi rumori, scarsa igiene, disturbo della madre, e trasmissione di agenti infettivi sono comuni cause di problemi neonatali.

Il parto naturale va considerato a tutti gli effetti un evento fisiologico che andrebbe monitorato con grande discrezione, lasciando svolgere alla cagna tutte le mansioni e supportandola solo in caso di reale necessità.
Troppe volte si interviene senza motivo, solo per apprensione o per l’idea che il nostro aiuto sia necessario, ma l’unica vera esigenza di una cagna sana al parto in genere è quella di sentirsi in un ambiente familiare, protetto e tranquillo, e possibilmente di avere vicino la sua figura umana di riferimento (salvo che non sia persona inesperta e ansiosa, nel qual caso trasmette il suo nervosismo alla gestante). È comunque opportuno allertare sempre il veterinario di riferimento e, in caso di evoluzione non ottimale, o di completa inesperienza, farsi assistere per evitare errori che possono portare anche a conseguenze gravi.
A tal proposito segnalo la cattiva usanza di somministrare ossitocina senza un’adeguata valutazione clinica, che può determinare distacchi placentari troppo rapidi e nascita di cuccioli morti, o disvitali, o peggio che mette a rischio anche la cagna, in caso di distocia ostruttiva (potrei fornire immagini di uteri rotti e in torsione, conseguenti al fai da te, ma potrebbero risultare impressionanti).

Purtroppo non è raro dover seguire cagne che hanno perso, per cattiva selezione o per cattiva gestione, i normali schemi comportamentali riproduttivi. Personalmente lo reputo un deficit molto grave che dovrebbe far riflettere sull’opportunità di far riprodurre soggetti del genere. Ad ogni modo, in questi casi, occorre sopperire adeguatamente alle carenze materne se si vuole portare a buon fine la cucciolata.
Un primo aspetto di grande rilevanza, che può incidere notevolmente sullo stato del cucciolo alla nascita, è la durata del parto.
L’inizio del travaglio attivo non dovrebbe durare più di qualche ora dall’avvio della fase espulsiva vera e propria, anche se alcune cagne (soprattutto molossoidi) mostrano pochi, o nulli, segni sino a quando non entrano nella fase centrale del parto. In un parto ottimale, l’espulsione del primo cucciolo dovrebbe avvenire entro 1-2 ore dalla rottura della prima borsa delle acque e i cuccioli successivi dovrebbero nascere ad intervalli di 25-30 minuti.
Tempi inferiori non permettono alla cagna di assistere adeguatamente il neonato, in quanto deve lacerare gli invogli, recidere il cordone ombelicale, lambire vigorosamente il cucciolo in modo da favorire l’espulsione dei muchi ancora presenti nelle vie respiratorie, e avviarlo alla suzione. Intervalli eccessivamente lunghi sono indicativi di una tonicità uterina non ottimale; purtroppo sempre più spesso, le cagne partoriscono in tempi “biblici”, ormai ritenuti da molti erroneamente normali.
A questo proposito va sottolineata l’importanza di mantenere la cagna in perfetta forma, evitando di sovralimentarla (non ho mai sentito un ginecologo dire a una donna incinta di mangiare di più, ma in genere il contrario).
Un cucciolo in buone condizioni reagisce alle sollecitazioni materne con pianti vigorosi, che non devono creare apprensione, in quanto da un lato comunicano segnali positivi alla cagna, dall’altro favoriscono l’apertura delle vie aeree e l’ossigenazione dei tessuti. In realtà, un parto di 6-8 cuccioli dovrebbe concludersi in 3-4 ore, dall’espulsione del primo cucciolo. Tempi nettamente superiori, oltre a creare stati di sofferenza neonatale, devono allertare anche per quanto riguarda il decorso del post partum, in quanto un utero ipotonico è predisposto maggiormente alle infezioni.
I cuccioli fisiologicamente possono nascere sia in presentazione anteriore (cioè fuoriesce prima la testa estesa, poggiata sulle zampette anteriori estese), comunque più funzionale, che posteriore (cioè codina e zampette posteriori in estensione). Quest’ultima presentazione erroneamente viene definita podalica, ma in realtà in questa specie il termine definisce un atteggiamento non fisiologico e va riferito solo al caso in cui le zampine siano flesse sotto al corpo, per cui il cucciolo si affaccia col bacino.

Subito dopo la nascita, è importante che il cucciolo venga immediatamente liberato dalle membrane fetali e che il cordone ombelicale sia reciso a circa 3-4 cm dalla parete addominale, se non viene fatto dalla madre (personalmente lascio che tutte queste manovre siano compiute dalla cagna, assicurandomi solo che sia accorta, se primipara).
Successivamente, il cucciolo viene vigorosamente lambito dalla cagna in modo che le narici e l’orofaringe vengano liberate dai muchi ancora presenti nelle vie respiratorie. Nei casi in cui la cagna non possa (o non sappia) eseguire tali procedure di rianimazione, una volta liberato il cucciolo dagli invogli e reciso il cordone ombelicale (io preferisco lacerarlo con le dita e non tagliarlo di netto, a 4-5 cm dall’ombelico, facendo molta attenzione a non creare trazioni sulla parete addominale) si può stimolare la respirazione tramite delicata compressione addominale, insistendo particolarmente intorno alle regioni genitale e ombelicale, in quanto sedi di riflesso respiratorio durante i primi 3 giorni di vita. Anche la stimolazione tattile della zona lombare può contribuire a indurre il pianto e a migliorare la pervietà delle vie respiratorie.
Occorre asciugare rapidamente il cucciolo, mantenendolo tra le due mani, con la testa verso il basso in modo da favorire la fuoriuscita dei muchi per gravità, e frizionandolo con abbondante carta assorbente o con dei panni morbidi.

Una cagna con corretti schemi comportamentali non schiaccia mai i cuccioli, anche se si muove in uno spazio angusto, mentre il problema si pone con soggetti troppo nervosi, stressati o talmente grandi e pesanti da non avere un’adeguata percezione nel momento in cui si spostano.
Modificare la situazione ambientale può determinare repentini cambiamenti comportamentali della puerpera, per cui occorre evitare di stressarla con interventi se non vi è effettiva necessità.
Il cucciolo neonato ha un’incapacità fisiologica di adeguata termoregolazione (questo vuol dire che è funzionale!) e alla nascita dipende completamente dalla madre per il mantenimento della temperatura, in quanto non può sviluppare tremore muscolare né vasocostrizione, che sono i meccanismi attivati dall’organismo per aumentare la temperatura; inoltre, ha un elevato rapporto superficie/massa corporea, pochi grassi sottocutanei e una percentuale di acqua corporea molto superiore, per cui disperde molto rapidamente il calore corporeo.
L’ambiente deve avere giuste temperatura e umidità, in modo che non ci sia dispersione eccessiva di calore, ma evitando di creare un surriscaldamento, altrettanto dannoso. È consigliabile mantenere valori di umidità tra 55-65% circa, salvo nei casi di cuccioli molto piccoli, in cui può essere indicato un tasso di umidità superiore, per prevenire la disidratazione e il raffreddamento. La cassa deve essere di materiale atermico e preferibilmente di dimensioni non eccessive, sia perché mantiene maggiormente il calore ma anche perché la cagna ama un ambiente raccolto.
Un cane neonato perde rapidamente calore per evaporazione se bagnato, o per conduzione se a contatto di superfici fredde, o per radiazione se l’ambiente è troppo freddo. Pertanto, se collocato senza una fonte di calore (in genere è sufficiente la mamma, se l’ambiente è ben riparato), rapidamente disperde eccessive quantità di calore. Il neonato è considerato ipotermico quando la temperatura rettale è inferiore a 35.5 °C.

Va sempre tenuto presente che temperature eccessivamente alte non sono ben tollerate dalla madre, specie se appartenente ad alcune razze, considerando anche che la cagna in lattazione ha un metabolismo incrementato, per cui mantenerla in un ambiente eccessivamente caldo comporta uno stato di stress persistente che può ripercuotersi sulla lattazione.
Troppe volte vedo cagne ansimanti, letteralmente schiacciate lungo i bordi della cassa parto nel tentativo di sottrarsi al calore eccessivo della lampada; altre tendono ad allontanarsi spesso, o a mettersi esternamente a ridosso della cassa. Questo aspetto deve essere sempre considerato, e bisogna valutare attentamente la reale necessità di riscaldare ulteriormente l’ambiente con lampade a infrarossi, o quant’altro.
Inoltre alte temperature, specie se associate a elevata umidità, favoriscono la crescita batterica ambientale, con rischio di insorgenza di mastiti e di infezioni respiratorie neonatali.
Personalmente, con la presenza della mamma, non le ho mai applicate, anche perché le mie cagne iniziavano ad essere più nervose e i cuccioli dormivano sparpagliati se la temperatura ambientale già superava i 23-24 °C.
Ad ogni modo, controllando costantemente i cuccioli, col buon senso è facile comprendere se sia veramente necessario fornire una fonte di calore aggiuntiva, e non metterla a priori, salvo che l’ambiente non sia oggettivamente troppo freddo. In ogni caso, è sempre opportuno lasciare la possibilità ai cuccioli di spostarsi da una zona più calda a una meno calda, per cui è meglio posizionare la lampada in posizione non proprio centrale.
L’eccessivo calore ambientale è riconoscibile attraverso i cambiamenti nel posizionamento dei cuccioli (cuccioli sparsi, mentre normalmente dormono raggruppati), il carattere del respiro (molto frequente e con respirazione a bocca aperta), temperature – rettale e cutanea – elevate, emissione continua di gemiti.
Nella fase neonatale il cucciolo usa principalmente le sue percezioni termiche per sentire il calore materno e ogni movimento di allontanamento che comporti riduzione della temperatura, se prolungato, porta a una condizione di disagio che il cucciolo traduce in emissione di uggiolii, che portano la madre a recuperarlo.
Molto spesso si vede che un cucciolo rimane persistentemente discostato dalla cagna, tanto da far ritenere che sia la mamma ad allontanarlo. In realtà quasi sempre non è così, ma è il cucciolo che in genere tende a rimanere in disparte, se disvitale. I cuccioli freddi e poco reattivi devono essere allontanati dalla madre fino a quando non si normalizzano.
Le cause della disidratazione vanno identificate non solo per le caratteristiche dell’ambiente ma vanno anche esaminati i problemi che si sono verificati durante il parto, soprattutto se ha comportato massiva perdita di liquidi.
Se il cucciolo è fortemente ipotermico (temperatura rettale inferiore a 34,5 °C), la disidratazione non va corretta somministrando liquidi per bocca, perché l’ipotermia è associata ad una riduzione della mobilità gastrointestinale.
Il latte della cagna contiene circa l’85% di acqua, i cuccioli deboli e non in grado di poppare adeguatamente sono maggiormente esposti al rischio di disidratazione per insufficiente assunzione di liquidi.

Alcune cagne di media età e di grossa taglia hanno capezzoli grandi ed iperplastici che risultano di difficile fruizione per il cucciolo, che quindi si stanca e riduce i tempi di poppata. Questo aspetto incide maggiormente sui cuccioli più piccoli o più deboli. In alcuni casi, la lattazione può essere quantitativamente inadeguata, anche se la cucciolata non è di per sé eccessivamente numerosa.
L’eccessiva competizione che si osserva nelle cucciolate numerose e la scarsa attenzione da parte della madre sono altre cause di un’insufficiente assunzione di liquidi nei cuccioli. Pertanto, in questi casi è opportuno integrare subito l’allattamento naturale con quello artificiale, in modo da prevenire la comparsa di tali scompensi. I cuccioli disidratati necessitano di un’adeguata terapia di sostegno.
Deve sempre essere tenuto presente che l’ipotermia va considerata entro certi limiti una condizione di difesa del neonato, in quanto rappresenta un meccanismo protettivo dai danni ischemici in caso di collasso cardiovascolare. Inoltre, riducendo il metabolismo, permette una maggiore sopravvivenza in caso di deficit energetico (ad es. per assenza di cure materne o di inadeguata alimentazione).
In caso di cucciolo ipotermico (freddo al tatto), un riscaldamento rapido aumenta il fabbisogno metabolico, con il rischio di superare la capacità della funzionalità circolatoria e polmonare, per cui è fondamentale attuare un riscaldamento lento, in più di 1-3 ore. Un riscaldamento maggiore di 2 °C/ora, è sconsigliato poiché il conseguente improvviso aumento del fabbisogno metabolico può predisporre all’ipoglicemia, o aggravarne la condizione, e può indurre uno scompenso circolatorio.
L’alimentazione orale può essere iniziata solo dopo che è stata ristabilita la normotermia in quanto l’ipotermia grave (temperatura inferiore a 34.5 °C) determina riduzione della motilità intestinale, fermentazione nello stomaco del latte ingerito con dilatazione gastrica e conseguente compressione sul diaframma e dispnea. Questa condizione induce il cucciolo a deglutire ulteriori quantità di aria con conseguenze drammatiche. Inoltre, i neonati ipotermici alimentati con biberon, spesso rigurgitano e inalano l’alimento.
L’alimentazione del neonato ha un’importanza fondamentale sin dalle prime ore post-partum. I neonati devono essere sollecitati ad alimentarsi frequentemente durante le prime 72 ore dopo la nascita. Se necessario, possono essere aiutati aprendo la bocca del neonato sul capezzolo, oppure mettendo delicatamente una piccola quantità di latte sulla lingua del neonato, diverse volte nelle 24 ore. Alcune cagne, specie se molto nervose, possono ritardare la montata lattea di 1-2 giorni, per cui è sempre opportuno premunirsi e tenere a disposizione del latte specifico per l’alimentazione artificiale, anche per il caso in cui si debba integrare, se la cucciolata è molto numerosa.
Il tratto digerente alla nascita è sterile, e viene colonizzato rapidamente da diverse specie di microrganismi nei primi giorni di vita, fondamentali al normale sviluppo della flora intestinale, che svolge funzioni importantissime, come garantire l’integrità della mucosa intestinale e prevenire l’attecchimento e la proliferazione di microorganismi patogeni; inoltre è coinvolta nel metabolismo della vit. B12 e dei folati.

L’apparato digerente del neonato è predisposto in modo altamente specializzato per digerire e assorbire solo gli elementi forniti dall’alimento primario, il colostro nei primi due-tre giorni, e il latte materno successivamente, e non è in grado di assimilare altri alimenti. Dopo le prime poppate inizia l’eliminazione del meconio, sotto forma di materiale informe e appiccicoso di color marrone ocra.
La permeabilità intestinale agli anticorpi (Ac) colostrali inizia a scemare già dopo 8 ore dalla nascita, e scompare del tutto entro 48 ore. Sebbene il loro assorbimento intestinale si arresti a circa 36 ore, la loro presenza nel latte continua ad avere un’azione protettiva nei confronti di infezioni dal cavo orale e della mucosa intestinale. L’immunità colostrale ha durata variabile, tra 6 e 20 settimane, in rapporto al titolo anticorpale presente nel colostro e alla quantità di colostro assunta dal cucciolo, per cui i livelli di Ac materni acquisiti dai cuccioli di una stessa figliata possono essere differenti.
Il peso alla nascita non è influenzato dal sesso del neonato e, nei cuccioli con pesi ridotti è un indicatore di inadeguato trofismo placentare, o di anomalie congenite. Esiste una correlazione diretta tra peso alla nascita e percentuali di sopravvivenza.
La registrazione del peso corporeo alla nascita e nei giorni successivi è un dato molto utile per valutare e riconoscere eventuali problemi. Le variazioni negative nel breve periodo spesso si riferiscono al bilancio idrico. L’incremento ponderale giornaliero è di circa il 5-10% e una riduzione di questo indice testimonia condizioni di salute scadenti, o inadeguata alimentazione. Generalmente il peso di un neonato dovrebbe raddoppiare in 7-10 giorni. Anche nel cane, come nei neonati umani, nelle prime 12-24 ore di vita si osserva una lieve perdita di peso che, con adeguata alimentazione, scompare rapidamente. È opportuno pesare i cuccioli alla nascita, tra 12 e 24 ore dopo il parto, e poi giornalmente. Dopo la prima settimana, si dovrebbe valutare il peso 1-2 volte alla settimana fino allo svezzamento, monitorando contestualmente il tono muscolare, l’attività e la risposta alla gestione su base giornaliera.
Se l’ambiente in cui vengono tenuti i cuccioli è adeguatamente pulito, e il parto si è svolto in modo regolare, è altamente improbabile che si sviluppino infezioni. A tal proposito, reputo assolutamente deleteria la somministrazione di antibiotici alla madre durante il periparto, con l’idea di prevenire eventuali infezioni durante il puerperio. Questo significa far assumere ai cuccioli latte antibiotato, influenzando così le fasi di colonizzazione batterica. Inoltre, si creano ceppi batterici antibiotico-resistenti, come evidenziato da lavori condotti presso allevamenti che attuano routinariamente questo criterio. Le terapie antibiotiche andrebbero effettuate solo in caso di effettiva necessità o, comunque, solo in caso di alta probabilità di infezione. Purtroppo i danni indotti da questa pratica non sono immediati, ma si sviluppano in tempi lunghi, per cui non vengono correlati. In ogni caso è sufficiente monitorare attentamente l’andamento della cucciolata e le condizioni della cagna, in modo da intervenire tempestivamente in caso di insorgenza di problemi (consiglio sempre di misurare la temperatura corporea della madre 2-3 volte al giorno nei primi giorni, di controllare che le perdite vulvari non siano maleodoranti e di valutare lo stato delle mammelle e l’aspetto macroscopico del latte, munto da tutte le mammelle).

Il cucciolo orfano
Inconvenienti gravi, come la morte della madre o un suo stato patologico grave, possono rendere impossibile o molto difficoltosa una normale lattazione e portare alcuni soggetti, o intere cucciolate, alla denutrizione e alla disidratazione. In queste situazioni, le difficoltà maggiori sono dovute all’esigenza, sin dalle primissime ore di vita dei neonati (24-48 ore), di ottenere Ac materni attraverso l’assunzione del colostro. L’immunità passiva nei soggetti che non hanno assunto il colostro è solo quella garantita dagli Ac materni trasmessi per via placentare, la cui percentuale è circa il 5-10 % rispetto al totale, quindi assolutamente inadeguata. Ciò predispone i cuccioli a un maggiore rischio di contrarre malattie infettive, in particolare durante i primi 10 giorni di vita, periodo in cui il sistema immunitario è ancora assolutamente immaturo.
In caso di cuccioli separati dalla madre, la temperatura ambientale deve essere nettamente superiore (intorno a 31-32 °C) a quella necessaria per gli adulti nella prima settimana, per ridursi progressivamente dopo la seconda settimana. In questi casi è indispensabile fornire una fonte di calore stabile, come una lampada a infrarossi, ma che deve essere scrupolosamente posizionata e la temperatura monitorata per prevenire disidratazione e bruciature. La disidratazione è caratterizzata da pliche cutanee grinzose e prive di turgore e le mucose sono asciutte e appiccicose. L’eccesso di umidità incrementa la carica batterica ambientale e crea disturbi respiratori.
I cuccioli devono sempre essere puliti dalle loro deiezioni e asciugati e tenuti su materiali non conduttori e isolanti.

Le soluzioni più efficaci e immediate, dal punto di vista nutrizionale, sono rappresentate dall’allattamento artificiale, parziale o totale, o dall’impiego di balie, cioè di cagne che hanno perso la prole o che hanno avuto pochi cuccioli.
Il latte, di apposita formulazione commerciale, può essere somministrato attraverso biberon, siringa o, in casi molto critici, con l’intubazione orogastrica (tecnica che richiede un’assistenza ambulatoriale). Prima di iniziare la somministrazione è necessario accertarsi che la temperatura corporea sia intorno ai 35.5 °C. A temperature inferiori, la motilità del tratto gastroenterico è inadeguata per cui il latte inizia a fermentare nello stomaco ancor prima di essere ingerito, provocando dilatazione e ulteriore blocco.
Un neonato ha esigenze molto diverse dall’adulto riguardo alla frequenza dei pasti. Inizialmente, questi devono avvenire a intervalli di circa 2-4 ore, riducendo la frequenza delle poppate notturne rispetto alle diurne. Lo stomaco di un neonato ha una capacità di circa 50 ml/kg di peso corporeo per cui non bisogna esagerare, né limitare eccessivamente le quantità di latte. Nella prima settimana di vita, le esigenze dei cuccioli possono essere riassunte in 60 ml/450 g p.c. al giorno, in ogni caso le ditte produttrici di latte artificiale forniscono le tabelle.
Il metabolismo del neonato è molto alto e le riserve energetiche di grassi corporei ed epatici sono esigue. Per sopravvivere dipende, quindi, quasi esclusivamente dall’assunzione di sostanze nutritive attraverso l’alimentazione. Il fabbisogno energetico di un neonato equivale a circa 15-20 Kcal/100 g p.c./giorno. Utilizzando un latte commerciale, è opportuno considerare il valore energetico in rapporto al volume di liquido, in quanto, per la limitata capacità dello stomaco, i neonati potrebbero assumere volumi eccessivi di alimento, ma carenti dal punto di vista nutrizionale. Il latte in polvere, ricostituito a ogni poppata, deve essere somministrato a una temperatura di circa 38-39 °C.
La costipazione può essere una delle complicazioni di questo tipo di alimentazione.
È opportuno ricordare che il cucciolo non ha ancora la capacità di urinare e defecare autonomamente. Normalmente è la madre che, attraverso il lambimento della regione perianale, stimola i cuccioli a farlo. È quindi necessario mimare il gesto materno stimolando delicatamente la regione perineale con un panno.

Un’ultima considerazione: la mortalità perinatale nel cane è generalmente più alta rispetto ad altre specie domestiche, anche se i dati riportati in letteratura presentano variazioni abbastanza ampie dovute a molteplici fattori, come stato fisico della cagna, management della gravidanza e del puerperio, razza, entità della cucciolata. La possibile perdita di uno-due cuccioli, soprattutto nella prima settimana, deve essere considerata un evento normale se gli altri crescono regolarmente e la cagna è in perfetta salute.
I tassi di mortalità sino allo svezzamento dovrebbero non superare il 12-15%; tassi superiori in linea di massima devono considerarsi allarmanti.
Un’adeguata conoscenza delle caratteristiche riproduttive di specie e delle differenze anatomiche e fisiologiche tra neonato e adulto, accompagnate da opportuna preparazione e gestione del parto, può notevolmente ridurre queste percentuali e permettere una crescita ottimale dei cuccioli.

A conclusione di questo articolo, voglio ringraziare le mie cagne, attuali e del passato, insieme a tutte quelle che ho avuto il piacere di osservare durante il parto e nel puerperio, perché tanto mi hanno insegnato e mi insegnano. Di fronte a eventi così meravigliosi e naturali, ricordiamoci sempre che loro sanno cosa fare, noi dovremmo solo metterle nelle condizioni che possano farlo al meglio, ma con molta umiltà.

 

Luisa Valentini è Professore Associato di Clinica Ostetrica e Ginecologia Veterinaria, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” Dottore di Ricerca in Biologia della Riproduzione Umana ed Animale Specialista in Fisiopatologia della Riproduzione degli Animali Domestici Coautrice di comunicazioni presentate a Congressi Nazionali e Internazionali e di lavori in estenso pubblicati su riviste internazionali. Da sempre appassionata del cane e di tutto quello che riguarda il suo mondo.